PicMonkey-Collage5-4-900x473Di Delia Vaccarello – Stupro di gruppo su una ragazza in provincia di Sarno. Violenza di ieri? No, una violenza che è anche frutto della distanza abissale tra io e tu, e cioè il portato negativo – insieme ai tanti positivi – delle strade del web. Pensiamo subito alle scene forti ed emblematiche del film, con protagonista Jodie Foster, Sotto accusa (The Accused), pellicola drammatica diretta da Jonathan Kaplan. Ispirata ad una violenza avvenuta in un bar di New Bedford, la scena terribile è una sequenza traumatizzante e realistica della violenza da parte di un gruppo di ragazzi a Sarah Tobias su di un flipper, incitati dagli avventori adulti. Film che valse l’oscar a Foster e che mette bene in luce la tendenza iniziale della giustizia a minimizzare per poi, grazie alla battaglia della vittima, a dare alla vicenda la esatta cornice di gravità.

San Valentino Torio come il New Bedford? Certamente. Provincia isolata, dinamiche di gruppo tra ragazzi che devono misurare la propria virilità violentando un corpo vivo che per loro è solo banco di prova, specchio delle proprie abilità evidentemente percepite molto traballanti. I ragazzi misurano la potenza del loro fallo – prigione illusoria e distruttiva – ai danni di una tra tante, di una ragazza presa per strada, che non conoscono, trascinata in un garage, parcheggiata per il tempo che a loro serve. Colei che ritengono per ovvietà e per natura destinata ad essere usata. Occhio però, ci sono differenze tra ieri e oggi. Come vivono oggi i ragazzi il rapporto con il sesso?

Prima considerazione: è successo a tutti noi di vedere un gruppo di adolescenti seduti intorno a un tavolo o a in spiaggia o al pub e immersi nei loro cellulari, rapiti da uno scambio che li porta altrove e fuori dalla relazione che hanno con il coetaneo affianco. E’ una modalità che probabilmente dà loro l’illusione di essere in rapporto con l’altro, anche se in modo contorto, perché tutti fanno la stessa cosa nello stesso momento, parlano con qualcuno che è lontano.

Seconda considerazione: sono cambiate le modalità del sexting. Quando un ragazzo fa girare la foto della coetanea con cui ha avuto un rapporto sessuale, ci troviamo esattamente in una situazione che è precondizione dello strupro di gruppo: se viene condivisa l’immagine diventa segno di vanto – virilità provata – da parte del mittente, ma anche invito alla partecipazione da parte di chi riceve. Gli altri sono spinti a mettersi – con invidia ed emulazione – nei panni del primo, e dunque fantasticano di partecipare.
Ancora: nelle chat, fino a poco tempo fa dopo colloqui brevi e serrati, si passava all’incontro o alla telefonata. Irrompeva il corpo, con tutto quello che vuol dire. Il corpo è imprevisto, come la voce, non la controlli, ti mette a nudo, ti svela come persona.

Adesso prevale il sexting tra i ragazzi, con ampi studi sul fenomeno fatti soprattutto in America, non c’è contatto “umano”, ma invio di foto e sms espliciti. E se il fenomeno ha preso piede anche tra gli adulti, ci accorgiamo che è tra i ragazzi che ci si limita a non comunicare fisicamente, ma solo per via indiretta, inviando foto e testi.

Fattori positivi: per chi è isolato potrebbe essere una pratica di partecipazione, un mezzo per avere un approccio, per sentirsi in relazione. Ma non possiamo non pensare a cosa accade, a quale mix esplosivo può avvenire, se alle dinamiche di ieri – stile raccapricciante scena sul flipper in “sotto accusa” con la riedizione di questi giorni dello stupro nel garage A San Valentino Torio (ironia di un nome che evoca scene romantiche) – si aggiunge la spersonalizzazione di oggi.

Se io, adolescente, sono abituato a relazionarmi con una immagine e con un testo, che non hanno lo sguardo dell’anima, non hanno il tremito della voce, l’”oggetto ragazza” sul quale sfogare la mia pretesa di “virilità” sarà sotto il mio corpo sempre più inanimato, anche se urla, anche se piange. Non potrò sentire quelle urla. Chissà, forse le sentirei se mi arrivassero via sms.

Di certo non so che quella violenza che ho inflitto insieme agli altri non abbandonerà la ragazza che ho stuprato, che resterà a lungo una ferita aperta, tanto dolorosa per lei, quanto io resterò sordo, senza essere stato in grado di sentire, di bloccare gli altri, ma solo pronto a partecipare, a dare il mio contributo di violenza. Le vittime di violenza – una ragazza in questo caso ma può essere chiunque venga messo nella condizione di essere mero strumento a vantaggio della presunta onnipotenza dell’altro -, recano le lacerazioni del trauma per un tempo lungo, a volte per tutta la vita. Ad aiutarle un serio lavoro analitico che dissolva non solo il trauma, ma il fantasma angosciante che spesso continua a coabitare con loro.

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Fonte: ANDDOS